‹‹Da principio il sentiero corre facile, come l’ha riattato una legittima ambizione turistica; poi si fa duro, per capre o per rocciatori. Non importa. Dopo poche centinaia di metri, senza bisogno di spingervi oltre, vi sentirete già promossi a catecumeni d’un felice e verde Aldilà. […] Ingrassati dalla chimica di innumerevoli sepolti, erbe e fiori esibiscono uno smalto da orto delle Esperidi, come se or ora li avesse lavati, per le domenicali pulizie del cosmo, l’energia di un’alluvione divina. Non ci vorrà molta fantasia per ripensare alle tante aborigene generazioni che per secoli, in questo stesso luogo e tempo dell’anno, aspettarono il primo sboccio di un albero rosa […]. Ancora oggi timide e cordiali presenze (una gazza, un millepiedi, un’imbambolata lucertola) proveranno a seguirvi un po’, scambiando per lusinga di zufolo antico il motivetto rock che fuoriesce dal vostro transistor e vi ricorda che dovete ripartire per casa, se non volete perdervi Juventus-Roma in Tv››.
Gesualdo Bufalino, Visite brevi, in La luce e il lutto, in Opere 1981-1988, a cura di M. Corti, Milano, Bompiani 1996, pp. 1193.
