Lug 02

Federico De Roberto, Catania

«Assicurano che il primo nome di Catania fosse quello stesso del monte: Etna, e che i fenici la chiamassero poi Katna per significare che era piccola…E come dal mare la città non è molto vistosa, reciprocamente dalla città il mare non si vede, se non lo si cerca, al porto e al Piazzale dei Martiri; colpa ancora dell’Etna […], il quale […] ha investito ora da levante, ora da ponente, e stretta e quasi attanagliata Catania fra due mandibole di nerigne e ferrigne lave rapprese, facendola paragonare da Plutarco, per la forma, ad una grattugia – tyroctesin».

Federico De Roberto, Catania [1907], a cura di R. Galvagno e D.Strizzone, Papiro Editrice, Enna 2007, pp. 21-22.

 

«Catania ebbe anche un Ippodromo o Circo, decorato di statue, incrostato di marmi, bagnato da due ordini di canali, i maggiori denominati Nili, i minori Euripi: nulla più ne resta, ad eccezione degli obelischi che ne segnavano la spina e le mete. Uno sarebbe quello che si custodisce rotto nel museo Biscari; l’altro quello che sorge in Piazza del Duomo, sulla fontana dell’Elefante; monumento singolare dove sono rappresentate o simboleggiate tre civiltà: la punica, dall’elefante che i catanesi tolsero a stemma – come si vede fin dal suggello del conte di Paternò – per aver respinto gli assalti dei Cartaginesi, nonostante che la loro cavalleria fosse provveduta d’uno squadrone di questi spaventosi pachidermi; l’egizia, dall’obelisco che, o servisse di meta nel circo, o fosse invece qui trasportato al tempo delle Croci, viene presumibilmente dalla terra dei Faraoni, e forse dalla cave di granito di Siene, e ne parla con i geroglifici che vi sono scolpiti; e da ultimo la cristiana, dal globo, dalle palme, dall’epigrafe angelica e dalla croce che lo incoronano». 

Federico De Roberto, Catania [1907], op. cit.

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