«Come potrebbe non essere bello un posto con un nome e cognome così pieni di mito; con un’anagrafe che, salvo il vero, si lascia indietro per purezza di sangue tanti blasoni tardo romani di mura castrensi, tanti rozzi “pedigree” longobardi? […] Fra le rovine disseppellite ammireremo resti di santuari e di case, un’antica e una meno antica necropoli; e specialmente il teatro, un lembo di pietra di così tenera grana che si teme di vederle sfarinarsi d’un tratto in manciate di rena e sparire fra le dita».
Gesualdo Bufalino, Visite brevi, in Id., La luce e il lutto, in Opere 1981-1988, Bompiani, Milano 1996, pp. 1186-7.
