Dic 22

Giorgio Melchiori

Giorgio Melchiori è Professore Emerito dell’Università Roma Tre, membro onorario dell’International James Joyce Foundation e dello Shakespeare Birthplace Trust, Commander of the British Empire, socio della British Academy, dell’Accademia delle Scienze e dell’Accademia dei Lincei, Premio annuale della Fondazione Natalino Sapegno di Aosta, 2005. E’ autore di fondamentali studi di critica letteraria da Michelangelo nel Settecento Inglese (1950) a The Tightrope Walkers (1956), a The Whole Mystery of Art (1969), a Il mestiere dello scrittore (1994), a Shakespeare (1994), a Verso I Funamboli (2003), a Joyce barocco (2006).

giorgio melchiori – foglie per un anno

Definito nella presentazione come un “non-libro (che) si presenta così inattesamente per il suo estensore come un grande puzzle racchiuso nello scrigno ‘cronistorico’” raccontato dalla memoria, Foglie per un anno ci regala la straordinaria capacità del narratore di percorrere rapsodicamente e lungo il volgere di poco più di dodici mesi, cronologicamente scanditi, i ricordi vividi, avvincenti, suggestivi, ricchi di rimandi ad eventi e personaggi della vita culturale dell’Italia, soprattutto romana e torinese, che coinvolsero l’autore nei primi degli anni ’40, all’epoca dell’ingresso in guerra dell’Italia fascista, e agli esordi della sua prestigiosa carriera accademica, col primo incarico di insegnamento all’Università di Torino.

Famoso anglista e critico internazionale di grande prestigio, oggi costretto a soffocare il proprio dinamismo scientifico a causa di seri problemi fisici e visivi, Giorgio Melchiori ripercorre gli anni del suo apprendistato di studioso e uomo di cultura attraverso la rievocazione di episodi della sua vita, legati da una fitta rete di associazioni di idee e di valenze iconiche, che costituiscono il filo rosso lungo il quale si dipana la diegesi della memoria.

Sono queste associazioni simboliche e immaginifiche che lo aiutano ad evocare episodi apparentemente dimenticati, che escono allo scoperto spontaneamente, quasi senza sforzo alcuno, liberandosi dalle incrostazioni degli anni, e aprendosi alla sua mente e ai suoi occhi con le stesse vivide tonalità e particolarità di una volta. È questa mirabile capacità affabulatoria, sempre ricca di episodi ed aneddoti, a volte vivaci e umoristici, a volte seri e drammatici, ad avvincere il lettore in una sorta di biografia letteraria nella quale si avvertono le tappe della maturazione umana e artistica dell’autore e si entra in sintonia con la sua gioia di comunicare tramite la singolare esperienza di studioso eclettico e universale, acquisita in oltre sessanta anni di frequentazione con gli autori più rappresentativi della cultura europea, da Dante a Shakespeare, da Marlowe a Bosch, dai metafisici a Browning e a Yeats, da T. S. Eliot a Joyce e a Heaney, da Michelangelo e Caravaggio a Giotto, da Vivaldi a Wagner, da Vittorini a Auden e a Renoir, da Guttuso a Pasolini, ed altri ancora.

Tutta questa fitta schiera di uomini ed artisti della storia della cultura occidentale viene di volta in volta evocata, riproposta e riesaminata in rapide ma profonde digressioni estetiche, interrelate da riferimenti ad altri autori ed opere delle arti sorelle in una contaminazione di culture, modelli e forme e una mescolanza di generi e motivi poetici che suggeriscono di continuo una proficua comunanza di topoi, immagini, concetti, ideologie. Di qui le “foglie morte”, ingiallite dal tempo, che emergono, come scrive l’autore, dal “gorgo della memoria”, rivivono, anzi rinascono, in una summa poetica di grande coerenza formale che può scaturire solo dalla mente di chi ha interpretato ed analizzato nei minimi dettagli tutte le sfaccettature, anche le più nascoste ed inedite, degli artisti studiati.

Assai singolare è la struttura dell’opera, che unisce il dipanarsi della scrittura autobiografica, costruita sul ricordo di personaggi ed eventi reali, al metodo critico-imaginifico, basato sulle ricorrenze iconiche, perseguito dall’autore.

Le Foglie per un anno, metonimicamente rappresentate dai brevi, veloci flash di suggestioni e digressioni letterarie su cui si edifica la pagina scritta, sono anticipate e concluse dalla narrazione, col titolo di Minima Personalia, degli anni torinesi e di quelli precedenti trascorsi come redattore all’agenzia ANSA di Roma. La cornice storica racchiude, per così dire, una diegesi creativa che dà forma e sostanza alle “foglie” della memoria, rappresentate dai nostri scritti e dalle nostre stesse esistenze, attraverso una trama di sottili associazioni di idee, immagini, concetti che forniscono coerentemente l’argomento e il titolo a ciascuna di esse:

Il gorgo che inevitabilmente risucchierà ciascuno di noi non è tanto metafora per la morte fisica quanto rappresentazione della funzione della memoria quando sentiamo alle nostre spalle il cocchio alato del tempo che guadagna terreno. Noi ci aggrappiamo disperatamente a radici e sterpi sulla riva per non lasciarci inghiottire, o almeno per resistere qualche tempo. Ma il gorgo della memoria è soggetto a rigurgiti improvvisi: emerge di quando in quando flotsam e jetsam di antichi naufragi, lacerti di parole e di frasi che poi vengono riassorbiti nel ribollire delle acque, e non si fa a tempo a raccogliere questi frammenti per arginare, come vorrebbe Eliot, la nostra rovina. In fondo al pozzo della memoria si accumulano i detriti organici della natura, appunto le foglie morte: non solo quelle cadute dagli alberi ma quelle che la nettezza urbana ha ramazzato dall’asfalto cittadino. Marciscono, ritornano ad essere humus non solo i fogli sui quali avevamo creduto di poter fissare e tramandare pensieri e parole rendendoli memorabili, ma le nostre stesse persone, foglie staccate dai rami quando sopraggiunge l’autunno delle vita. (p. 21)

La metafora del gorgo foriero di morte e il simbolo del cocchio guidato da cavalli spettrali vengono quindi ripercorsi nella storia della poesia ed esaminati nelle ricorrenze iconiche di Poe, Browning e Yeats, ma attraverso il fluire dei ricordi personali con personaggi ed eventi lontani e recenti, quali l’amico d’infanzia Paolo Sylos Labini, la cui invettiva, pubblicata prima di morire contro la conduzione politica dell’Italia, conduce l’autore a soffermarsi sulla Saeva Indignatio che Swift voleva venisse inclusa nel suo epitaffio, ossia sul peccato o vizio capitale dell’Ira, che in Yeats serve “da sprone al suo poetare” e a confrontarsi con la tirannia della morte.

Di qui il pretesto per un excursus critico sull’uso in letteratura e nell’arte dei Sette peccati capitali da Marlowe a Gregorio Magno, da Dante a Bosch, fino alla Tristitia della visione del Purgatorio dal teatro di Shakespeare a T. S. Eliot e alla sua incidenza in Seamus Heaney pel tramite di Dante e Joyce. La tristezza porta alla malinconia, vista come malattia umorale in epoca elisabettiana, al fluire delle stagioni e al ritorno circolare della primavera col mese, in letteratura quasi ossimorico, di aprile:

Aprile è una parola magica, la password che permette l’accesso all’internet celeste, l’argano che solleva la saracinesca di quel che Yeats chiamava spiritus o anima mundi, l’immenso serbatoio delle immagini poetiche, lasciando che esse si riversino tumultuosamente nella palude stagnante della memoria. (p. 59)

Seguono pagine puntuali sull’uso simbolico del mese di aprile nella poesia inglese da Chaucer a Browning a Eliot fino agli oscuri presagi che sembrano annidarsi nell’opera di Muriel Spark o nel cinema di Almodóvar o del nostro Nanni Moretti. Un’altra suggestiva immagine-concetto foriera di straordinari sviluppi nell’arte è il simbolo della tempesta e delle lacrime ad essa talvolta associate. Sempre tramite l’intervento rapsodico del ricordo commosso di personaggi reali ora quasi tutti scomparsi (Mario Praz, Gabriele Baldini, Italo Calvino, Luciana Frezza, Dario Puccini, Natalia Ginzburg, Vanna Gentili, Mariuma Gabrieli, Corrado Maltese, Franco Lucentini, Agostino Lombardo, Umberto Eco e molti altri) Melchiori ripercorre questi impieghi metaforici regalandoci pagine di straordinaria lucidità di analisi e soprattutto ricche di affascinanti correlazioni fra letteratura, musica ed arti visive.

Insomma siamo di fronte ad un modello di scrittura creativa costruita sulla concatenazione metaforico-simbolica di frequenti archetipi o immagini-concetto che si ripresentano nella storia della cultura perché fanno parte del nostro patrimonio artistico e letterario e risultano indissolubilmente legati ai comportamenti e alle ansie della nostra comune esperienza di vita.

L’originalità della costruzione narrativa di questo anti-romanzo consiste nella fusione del modello autobiografico del memoir angloamericano con la saggistica dell’esegesi letteraria, nutritasi dell’acribia ermeneutica – del comparatista, del filologo, dello storico dell’arte – qual è, appunto, manifesta nell’eclettismo scientifico che ha caratterizzato la produzione critica di Giorgio Melchiori.

Giorgio Melchiori, Foglie per un anno, Alessandria: Edizioni dell’Orso, 2007, pp. Vii+134.

dicembre 2007

About The Author