Lug 22

“Caos calmo” di Sandro Veronesi

(di CLAUDIA CARMINA)

La storia raccontata da Sandro Veronesi in Caos calmo, pubblicato da Bompiani nel 2005, è scarna ed essenziale: il quarantenne Pietro Paladini, protagonista e voce narrante del romanzo, reagisce alla morte improvvisa della compagna lasciandosi irretire da una sorta di frenesia dell’immobilità; smette di andare al lavoro e trascorre l’intera giornata nel giardinetto situato dinanzi la scuola frequentata dalla figlia Claudia, di dieci anni.

Così la vicenda narrata si svolge, quasi per intero, nel perimetro della piazzuola alberata antistante la scuola: questo luogo appartato e circoscritto è una sorta di terra di nessuno, uno spazio franco, collocato nel cuore di Milano ma, al contempo, immune dall’agitazione convulsa della metropoli. È questo il regno d’elezione in cui Pietro Paladini si ritira per elaborare il suo lutto, ma l’avvertimento della perdita ingenera in lui, invece che angoscia o desolazione, uno stato di calma paradossale.

L’esperienza del dolore lo spinge a cercare conforto in una sospensione regressiva ed infantile, nel “caos semplice e fondamentalmente calmo nel quale [i bambini] vivrebbero tutto il tempo, se gli fosse permesso, senza comprendere fino in fondo la maggior parte delle cose che accadono ma, proprio per questo, con la capacità di viverle intensamente” (pp. 46-47). Con questa definizione Pietro Paladini chiarisce il significato da attribuire al titolo del romanzo e insieme illustra la qualità della sua condizione esistenziale. Dunque il “caos calmo” richiamato nel titolo corrisponde all’opzione per una disordinata, passiva, irresponsabile leggerezza; coincide con una pausa e una abdicazione ai doveri della vita adulta. Ma non solo: come viene rivelato nel penultimo capitolo, la percezione emotiva di uno stato di “caos calmo” induce ad una stasi nervosa, che si fa movimento, agitazione e avventura. In questo senso, l’inerzia di Pietro può essere paragonata all’immobilità vibrante del predatore, fermo sul punto di sferrare il suo attacco, e insieme ricorda l’attesa concitata della preda:

Ora ho una definizione di caos calmo: una caccia che non finisce mai, una caccia dove da un momento all’altro il cacciatore può trasformarsi in preda. (p. 414)

Tenacemente avviluppato in una condizione di stasi e di inazione, Paladini è, al contempo, un cacciato e un cacciatore, un fuggiasco e un viaggiatore, come qualsiasi altro uomo. Ciò che cerca è se stesso. Il suo ritiro dal mondo non è una fuga dagli uomini: anzi, la distanza a cui si tiene gli permette di guardare al reale da una prospettiva eccentrica e straniata, e per questo tanto più obbiettiva. Al tempo stesso, il distacco si tramuta in vicinanza e apre un canale di comunicazione con gli altri, che necessitano di soccorso e compassione.

Il giardinetto della scuola, l’automobile posteggiata, nella quale Paladini si rifugia nelle giornate più fredde e piovose, diventano pian piano altrettanti spazi d’incontro, si popolano di persone e di discorsi. Tutta un’umanità varia e alienata si raccoglie intorno al protagonista, attratta dal peculiare stato di sospensione in cui questi ha scelto di vivere, per confessare le proprie frustrazioni, per trovare conforto dalle ubbie della quotidianità. Il luogo del romitaggio di Paladini finisce così per trasformarsi nella meta di un continuo pellegrinaggio; di volta in volta, dinanzi al suo sguardo volutamente distratto, sfila una folla multiforme di personaggi, ognuno dei quali ha una storia unica e personalissima da raccontare. La solitudine del protagonista si gremisce delle parole e dei racconti del fratello Carlo, del padre, della cognata Marta, del capo Jean-Claude, dei colleghi Piquet e Enoch, dei magnati Steiner e Boesson, della giovane Jolanda, di Eleonora Simoncini, la donna che Pietro ha salvato dall’annegamento in mare, nel momento stesso in cui la sua compagna Lara, sola, in casa, moriva…

Di conseguenza, la struttura del romanzo si allarga a comprendere una polifonia di voci, ingloba una pluralità di microstorie, dialoga con il genere del racconto. La peculiarità di Caos calmo consiste proprio in questa contaminazione tra generi diversi, in questa interferenza di accenti discordi, nella permeabilità di una prosa che assimila diverse modalità di scrittura, accogliendo al suo interno gli elenchi stesi da Paladini, che enumerano le compagnie aeree con cui ha volato o il nome delle ragazze che ha baciato, i versi delle canzoni dei RadioHead, i testi delle mail inviate a Lara, i brani tratti dai siti internet, l’argomentazione stesa da Enoch contro la fusione…

Eppure, nel pullulare delle narrazioni individuali, il romanzo mantiene comunque una tenuta coerente e compatta perché la mulinante materia narrativa ruota intorno ad un asse unico: al centro della scena è sempre il personaggio narrante e la ricezione dei racconti altrui è filtrata attraverso la sua prospettiva, attraverso il suo punto di vista. Per di più, i racconti dei personaggi minori incidono sulla vicenda principale del protagonista, intervengono a mutare i contorni della sua identità, che viene sottoposta a verifica e messa alla prova.

Più narrazioni s’incontrano in Caos calmo e sono collegate da una cornice comune, dal principio unificatore della formazione dell’eroe. Il romanzo di formazione di Paladini comincia nel momento in cui la morte della compagna provoca una digressione dal corso consueto della vita, e finisce là dove, su richiesta della figlia, la vita rientra nelle rotaie della normalità.

Una tappa nell’itinerario di maturazione del protagonista, cui Veronesi dà ampio rilievo, è rappresentata dal convegno notturno con Eleonora, che chiude la seconda parte del romanzo: nella notte di Halloween, la “notte dei morti”, mentre la piccola Claudia giace addormentata, Pietro sodomizza la donna nel giardino della casa al mare in cui è morta la compagna. La violenza dell’atto sessuale obbedisce ad un oscuro istinto di vendetta, quasi che Paladini voglia punire colei che, tenendolo impegnato nella difficile opera di soccorso dalle acque, gli ha impedito di tornare a casa in tempo per aiutare Lara. Al tempo stesso, l’incontro passionale con Eleonora Simoncini costituisce una liberatoria, ma colpevole infrazione al codice dei valori familiari, perché avviene proprio nel giorno della celebrazione dei morti, nel luogo stesso del decesso di Lara e in presenza della bambina addormentata. Così, l’inserimento della scena dell’amplesso, seppure motivato dalle inestricabili pulsioni inconsce che determinano l’agire del personaggio, non risulta altrettanto plausibile sul piano della verosimiglianza narrativa. E difatti l’episodio è introdotto con brusca meccanicità nella trama romanzesca: occorre soltanto un messaggio inviato dal telefono di Pietro, “via libera”, e la donna “preda” accorre immediatamente per concedergli l’adeguato risarcimento, con cui compensare l’eroico atto di salvataggio. E tuttavia la sequenza, pur producendo un indistinto effetto di catarsi e di “pareggiamento dei conti”, non provoca un sostanziale avanzamento nel cammino di apprendistato del protagonista.

In una vicenda così strutturata, in cui l’innesto sequenziale delle esperienze dei personaggi secondari, che intervengono nella trama secondo uno schema ripetitivo, dispensa una qualche monotonia, Pietro Paladini si fa testimone e custode delle storie altrui; è costretto a malincuore ad ascoltare, a percepire la loro disperazione, fino a scendere a patti con il proprio dolore dopo averlo indovinato negli altri.

Per non farsi sopraffare dalla sofferenza e dal disagio, Pietro però si sforza di essere un interlocutore volutamente impassibile e distaccato, giocoforza si trincea dietro una coltre di imperturbabilità, evita di scrutare in profondità i sentimenti umani e si mantiene alla superficie delle cose, perché, come scrive Calvino, “solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose ci si può spingere a cercare quel che c’è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile”.

Eppure, a dispetto di ogni volontà, la sua stessa inerzia assume una valenza antagonista di smascheramento, veicola una carica eversiva di disubbidienza e di ribellione: malgré lui, il protagonista finisce per violare le regole di una società in moto perpetuo, di un vivere civile scandito da ritmi febbrili, dominato dalle ferree leggi dell’accumulo del capitale e condizionato dal mito dell’attivismo. Nel presente della scrittura, il romanzo di Veronesi acquista dunque il valore di un apologo della contemporaneità e indaga il senso del vuoto esistenziale, che scaturisce tuttavia da quello spazio fitto di persone e di discorsi che è il nostro “poco” quotidiano.

Sandro Veronesi, Caos Calmo, Bompiani, Milano 2007.

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