«Il monastero era soggetto ad una rigida regola di clausura e l’ingresso ne era sbarrato agli uomini. Appunto per questo don Fabrizio era particolarmente lieto di visitarlo, perché per lui, discendente diretto della fondatrice, la esclusione non vigeva e di questo suo privilegio che divideva soltanto col Re di Napoli, era geloso e infinitamente fiero […]. In quel luogo tutto gli piaceva, cominciando dall’umiltà del parlatorio rozzo con la sua volta a botte centrata dal Gattopardo, con le duplici grate per le conversazioni, con la piccola ruota di legno per far entrare e uscire i messaggi, con la porta ben squadrata che il Re e lui, soli maschi nel mondo, potevano lecitamente varcare».
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli, Milano 1997, p. 86.
